Baci di Alloro è un racconto erotico al femminile scritto da Blu un collettivo fluido di autrici, autori e intelligenze artificiali, e illustrato da me Diego Gabriele. In una notte sospesa tra sogno e realtà, Luna si imbatte in Tessa, una misteriosa ragazza dai capelli fucsia, nella quiete di un bosco vicino Firenze. Tra giochi di sensualità e dialoghi intimi, le due donne esplorano desideri, connessioni e mondi impossibili in un intreccio evocativo e surreale. Un incontro che lascia il segno, vibrante come il profumo di alloro che permea l’aria.

Baci di Alloro – Racconto Erotico al Femminile
Luna era seduta su un gradino del porticato. La sera portava un’aria fresca e giocosa, che sembrava scacciare via tutti i pensieri, uno dietro l’altro, come se ogni cosa dovesse per forza essere lasciata andare. Guardava il riverbero lontano di Firenze, il suo respiro si perdeva tra le ombre, mentre le querce spogliate non portavano tristezza, ma un silenzio solenne, senza malinconia. C’era qualcosa nell’aria, qualcosa che le faceva sorridere senza motivo. E poi, da lontano, un suono, una melodia appena accennata, l’eco di una musica proveniente dal bosco. Un piccolo punto fucsia brillava in lontananza.
“Ancora?” si chiese. Stringendosi meglio il cardigan, si alzò, camminando su terreno irregolare verso il piccolo bosco di querce e alloro. Mentre si incamminava, staccò una foglia di alloro, la strinse tra le dita e annusò la mano con un gesto spontaneo. Le piaceva quell’odore. Continuò a sorridere, camminando a passo veloce. “Chissà se sarà ancora l’uomo con il muschio nel viso.”
Quando arrivò in una piccola radura, la vide. La figura eterea, che sembrava un sogno mai dimenticato. I suoi capelli, scompigliati ma vivi come il fuoco, erano fucsia. Indossava una T-shirt con scritto The Adicts, con una grafica che tremolava tra il bianco e il nero, un po’ sbiadita, ma pur sempre in ordine. Le gambe affusolate erano coperte da shorts di jeans neri e leggings a rete, tagliati al polpaccio, che disegnavano linee sottili e provocanti. Ma ciò che colpiva di più non erano gli abiti. Era il suo viso: la pelle chiara, quasi trasparente, i lineamenti delicati, da bambina, come se il tempo non avesse mai posato le mani su di lei. E il suo sguardo? Perso in una ricerca silenziosa di qualcosa che non riusciva a definire.
“Una ragazza punk nel bosco? O forse uno spirito?” pensò Luna, senza paura, ma con una curiosità che le scorreva nelle vene come una corrente elettrica. Non sentiva la tensione, come se quella figura appartenesse al mondo e non appartenesse a nessun altro. Non ci fu paura. Solo l’intuizione di qualcosa di già conosciuto, di un incontro che era solo un altro capitolo della sua vita.
“Non è da te stare qui,” disse Luna, interrompendo quel silenzio che gravava come una nube. La sua voce, leggera e ironica, suonava familiare in quel luogo.
La ragazza alzò lo sguardo, i suoi occhi pieni di confusione, ma anche di curiosità, come se cercasse una risposta che non sapeva di dover trovare. “E tu cosa ci fai qui?” rispose con un sorriso ambiguo, che non riusciva a dire se fosse un sorriso di sfida o di accettazione.
Luna si avvicinò a lei, fermandosi a pochi passi. “Ho sentito qualcosa…” disse, gli occhi che brillavano di curiosità. “Come una chiamata. Non so come spiegarti, ma era come se qualcosa mi avesse invitato. Eppure, quando sono arrivata… tutto era già qui. Già fatto.”
La ragazza ridacchiò, non con disprezzo, ma con un sorriso che sembrava capire quella sensazione di essere al posto giusto, nel momento sbagliato.
“Il mio nome è Tessa,” disse improvvisamente, con un tono allegro che contrastava con i suoi abiti scuri ma si accordava perfettamente con la luce dei suoi capelli.
“Il mio nome è Luna e stai passeggiando nel mio posto preferito.”
“Questo posto esiste davvero?” chiese Tessa, scossa da un dubbio curioso.
“In che senso?” rispose Luna.
“Tu…” iniziò Luna, scrutandola meglio. “Tu non sai di essere uno spirito, vero?”
Tessa sorrise. “Spirito, non sono un fantasma,” rispose. “Appena arrivata, ho capito di essere in un sogno lucido. Mi sono contata le dita due volte. La prima volta c’erano cinque dita. Ora ce ne sono quattro.”
Luna si avvicinò a lei, guardò la mano con attenzione. In effetti, erano quattro dita ben distinte, disposte sul palmo. Con un gesto leggero, toccò la mano di Tessa. Lei si arrossì e ridacchiò.
“Mi scuso…” disse Luna, ma Tessa sorrise.
“Quindi, Luna… anche tu stai dormendo?” chiese Tessa con un sorriso malizioso.
“No,” rispose Luna. “Io sono sveglia.”
Le due si sedettero, senza dire una parola. I loro corpi non si toccavano, ma c’era una sensazione di vicinanza, di intesa che si stava formando, senza che servissero parole. Tessa la guardava come se stesse cercando di decifrare un mistero, ma Luna non smise mai di sorridere. Lo conosceva bene, quell’espressione di chi è alla ricerca di qualcosa che sfugge sempre.
“Se non sei uno spirito, allora perché sei qui? Perché stai dormendo a quest’ora?” chiese Luna.
“Io dormo quando mi pare,” rispose Tessa, fingendo una certa irritazione. “Ho studiato per l’esame di antropologia dei simboli, e mi sono addormentata.”
“Come fai a vedermi se non stai dormendo?” chiese Tessa.
Luna abbassò lo sguardo, con un sorriso enigmatico. “Non crederesti mai a quello che ti dirò… Forse non dovrei dire a qualcuno che sta sognando che non crede a qualcosa.” continuò Luna. “Questi giorni sono strani, i mondi si fanno sottili. E faccio incontri impossibili.”
Luna abbassò lo sguardo, con un sorriso enigmatico. “Non crederesti mai a quello che ti dirò… forse non dovrei dirlo a qualcuno che sta sognando e non crede a qualcosa.” Continuò: “Questi giorni sono strani, i mondi si fanno sottili. E faccio incontri impossibili…”
Tessa la guardò negli occhi, poi aggiunse: “Io vivo a Berlino, e ora parlo con te in un bosco non so dove.”
Luna si mise a ridere. “Siamo vicino a Firenze, comunque.”
“E io non sono mai stata a Firenze,” rispose Tessa, quasi sorpresa. “E chi altro hai incontrato?”
Poi, dopo un attimo di silenzio, continuò: “Ieri ho incontrato un uomo con il viso di muschio. Era un ometto tondo, tanto sorridente, che mi raccontava di quando nel ’41 si innamorò di sua moglie. Lei aveva tredici anni, lui quindici. Si scambiavano baci vicino alla Pesa. Era un amore semplice, puro.”
Tessa sospirò, come quando si vede una scena romantica in tv.
Luna la guardò per un momento, poi sussurrò: “Non so perché siamo qui. Non pensi che, a volte, basta vivere il momento senza farsi troppe domande?”
Il silenzio tra di loro crebbe, come se le parole avessero smesso di essere necessarie. I loro sguardi si incontrarono, e gli occhi di Tessa brillavano di una luce misteriosa.
Luna, senza pensarci troppo, si avvicinò. Le sue labbra si posarono su quelle di Tessa, senza fretta, ma con il desiderio di scoprire qualcosa che forse già sapeva.
Tessa non indietreggiò. “Sai di alloro,” sussurrò, il suo respiro che mescolava il dolce e l’intenso.
I baci erano dolci, carichi di un’energia che sembrava attraversarle entrambe, come un’onda che arrivava in un attimo e poi svaniva. Luna sfiorava con le dita la pelle di Tessa come si fa con i petali di un fiore. Lei apriva il cardigan, cercando qualcosa di indefinibile.
Non ci furono parole, solo il silenzio.
Quando tutto si fermò, le gambe ancora incrociate e tremolanti, e i vapori uscivano dalle loro labbra, Tessa guardò Luna negli occhi. Luna sentì una strana euforia, come se avesse appena vissuto un cambiamento interiore.
Non c’erano parole.
Tessa, lentamente, cominciò a svanire: il suo corpo diventava trasparente, la maglietta che ancora mostrava i seni e gli shorts ormai abbandonati vicini alle radici di una quercia.
Luna la guardò sparire e sussurrò: “Riusciremo a ritrovarci?”
Tessa sorrise e rispose: “Ti cercherò.”
Luna non sapeva se quella ragazza sarebbe mai tornata. Ma non aveva bisogno di saperlo. Corse a casa e scrisse il racconto che stai leggendo.